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Alla fine del 1971 la casa di Akashi sull’onda dell’enorme successo delle 3 cilindri H1 500 Mach III decise di allargare la gamma proponendo la stratosferica e pericolosissima H2 750 Mach IV.

Nondimeno si spinse verso le cilindrate minori per attirare anche la clientela che non avesse impulsi suicidi o che volesse intraprendere la carriera di scippatore.

A questo scopo propose 2 moto che andavano a sostituire le A1 250 Samurai e leA7 350 Avenger, le bicilindriche parallele (ovviamente a 2 tempi) con ammissione a disco rotante che avevano caratterizzato la seconda metà degli anni sessanta.

 

Queste ultime erano  due moto dalla tipica linea anni ’60 e dalle elevate prestazioni, risultando le più potenti e veloci nella loro classe con 31 HP e 160 Km/h per la piccola fiino ad arrivare ai 42 cavalli e 175 orari per la 350, che all’epoca era più prestazionale di qualsiasi 500! Pensate che la famosa Yamaha 350 RD del 1973 avrà “solo” 39 cavalli...

Le nuovissime  due piccole tricilindriche invece, denominate S1 250 Mach I e S2 350 Mach II, riprendevano in pieno la linea della 750, con il bellissimo sellone terminante con il codino e ne ripetevano le stesse grafiche sebbene con colori  differenti.

Il telaio era dello stesso tipo a doppia culla chiusa.Il freno anteriore dato il peso e la velocità inferiori era a però tamburo.

Le caratteristiche dei motori erano però antitetiche: il 250 era un gattino ronzante dalla potenza non eccessiva (poco più che una trentina di cavalli, come la A1) ed una erogazione abbastanza lineare per essere un 2 tempi così piccolo, mentre la 350 con i suoi 45 cavalli (129 cavalli litro, la piu alta potenza specifica di tutte le Kawa tricilindriche) era rabbiosa e con una entrata in coppia molto accentuata.

Da notare che essendo il basamento e l’albero motore lo stesso per le due cilindrate, bastava sostituire i cilindri del 250 (caratterizzati da 6 alette di raffreddamento) con quelli del 350 (7 alette) per ritrovarsi con una moto maggiorata!

Ovviamente in Italia, per le ben note leggi protezionistiche, la 250 non fu mai importata mentre la 350 fu soggetta a contingentamento. Da notare che per essere omologata nel rispetto dei 180 Kg di peso minimo veniva dotata di un tubo paraurti ripieno di piombo imbullonato nella zona anteriore del telaio e che si estendeva fino a proteggere il motore. Potete immaginare che fine facesse tale accessorio solo due ore dopo che la moto era uscita dal concessionario......

La serie successiva  del 1973 (S1b; S2b) vedeva un aggiornamento estetico sempre copiando la linea della 750 e la 350 ne prendeva anche il freno a disco anteriore.

I successivi sviluppi portavano la potenza della piccola a 28 HP (maledette leggi anti-inquinamento).

La linea riprendeva quella delle H1 500 del 1974.

A questo punto la Kawasaki per non trasformare il 350 in un ronzino decise di portarne la cilindrata a 400, complice anche l’uscita della Honda 400 supersport che aveva di fatto inventato una nuova categoria.

La nuova moto presentava i cilindri e le testate con un design squadrato, anticipando i canoni estetici degli anni ‘80. La potenza si riduceva comunque a 42 cavalli ma con una coppia ai regimi medio-bassi  decisamente interessante.

Le caratteristiche erano comunque sportive tant’è vero che in Francia la Coupe Kawasaki  che si correva con le 350 e le 400 rappresentò la palestra in cui si formarono i piloti transalpini di quel periodo (Pons, Sarron, Baldé, Espié, Saul)  etc.

Dopo il 1976 le definizioni divennero KH, differenziate solo dalla cilindrata. Fu l’ultimo anno di produzione della 500, ormai mortificata a 52 HP, mentre la 250 da 26 HP e la 400 da 39 continuarono ad essere prodotte fino al 1978 con la componentistica (forcella, freno a disco, strumenti) unificata, praticamente solo per il mercato inglese, la cui ultima serie ha una colorazione bellissima. In Italia le serie importate si fermano alla KH 400 A4 del 1977.

Per chi volesse godere del divertimento di una 3 cilindri a 2 tempi le Kawasaki 400 rappresentano una ottima scelta essendo ancora relativamente disponibili, di facile manutenzione e dalla guida non troppo impegnativa, anche se l’anno scorso dando troppo gas in partenza in curva sono comunque stato sparato in orbita parabolica! E’ pur sempre una Kawasaki...................

Marco T

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